sabato 6 marzo 2010

FAMIGLIE PER L'ACCOGLIENZA TOSCANA-Gruppetto Famiglie Affidatarie


Caro Luciano,
ti scrivo come contraccolpo immediato alla serata di ieri che, come tutte le cose che ultimamente escono dall’esperienza che facciamo sono affascinanti per la concretezza di vita che esprimono; almeno io le percepisco così.
Nonostante la stanchezza che ci attanaglia il venerdì sera, dopo una settimana in cui c’è stato spazio per la scuola di comunità, per seguire una donna sconosciuta sei mesi prima al compimento ultimo del suo destino e doverne curare gli interessi personali e famigliari, l’accompagnare Herry nella sua avventura di vita che comprende anche lo sfasciarmi la macchina, dopo tutto il non banale che ci impegna tempo e cuore, tirare nel modo serrato fino oltre le 23,00 nel modo con cui abbiamo vissuto ieri il nostro incontro sull’accoglienza riempie il cuore di un desiderio immenso che quello che si vive possa essere per tutti.
Grazie davvero per ciò che stai facendo per noi, ..........per accompagnarci nell’esperienza che tenta di dire al mondo che nulla ci sconfigge: nemmeno la morte, la miseria, la fatica, il peccato.
Le facce commosse e grate degli amici che hanno vent’anni meno di noi e che ci riconoscono una paternità sono roba dell’altro mondo. Li stiamo accompagnando ad accogliere estranei nella loro vita e questi ci ringraziano. Li spingiamo a non accontentarsi e questi ci raccontano la bellezza della loro esperienza.
Sono certo che anche L. quando avrà scollinato la sua fatica e la fatica di chi ha accolto, sarà l’esempio vivente dell’assurdità terrena della Resurrezione. Nulla risorge se non Cristo e quello che nasce da Lui.
Nulla dona letizia, forza, certezza nella vita se non Lui e ciò che viene da lui.
Noi, nella leggerezza dell’esistenza del mondo, ci siamo e ci saremo con quella ingenua baldanza che Don Giussani ci ha trasmesso e, davvero e senza presunzione, Dio lo voglia anche agli altri.
Ci vediamo domani per un’altra giornata di vita vera,
Grazie di nuovo,
Tuo,
Emanuele

PER L’AMICO MARCELLO

PER L’AMICO MARCELLO Campi B.zio 2/2/2010
“Algo se muere ne l’alma quando un amigo se va” dice un canto della tradizione spagnola. Questo è ciò che sento adesso, un po’ di morte nell’anima che si quieta solo quando penso alle risate rauche di Marcello, a quel suo parlare deciso e determinato. Sempre determinato.
Niente grigi, come dicevamo stasera, o bianco o nero perché l’amicizia c’è o non c’è.
Io ho avuto la fortuna di essere il suo amico e ci teneva sempre a dirmelo. Mi imbarazzava per quante volte me lo diceva. Ed io che credevo di essere sempre in debito verso il suo affetto godevo della sua determinazione tanto che pensavo: “se insiste così forse è vero”.
Credo proprio fosse vero perché qualunque cosa gli chiedessi lui la faceva. Non mi diceva mai di no, anzi rilanciava sempre.
L’ho conosciuto alle mitiche feste della Misericordia, lui a cuocere le zonzelle ed io a fare il “cretino” sul palcoscenico; fino ad un mese fa si ricordava ancora due barzellette dette per microfono da me per ingannare il tempo nella preparazione delle feste, nonostante fossero passati trent’anni.
E poi, finito di cucinare e servita la cena alle centinaia di persone che mangiavano i suoi piatti, felice come un ragazzo che sa di aver fatto la cosa giusta ed averla fatta bene, si precipitava da me, sotto il palco, a dirmi che ero meglio di Jocelyn, ad incitarmi ed a portarmi il bicchiere di vino bianco e fresco.
Per me Marcello è la festa. La festa incommensurabile dell’amicizia vera che dà gioia, che allieta il cuore, che non teme nessuna fatica perché non esiste la fatica nell’amicizia.
La festa si ripeteva, come il ticchettìo dell’orologio ogni volta che ricominciava una giornata faticosa. Era una festa anche il suo brontolare per le cose che non gli tornavano e con tono secco non sentiva ragioni, se una cosa era fatta male era fatta male e basta, non la si correggeva si doveva buttare e rifare bene.
Godeva solo se faceva star bene gli altri e ce la metteva sempre tutta.
Quante serate, quante sigarette, quanto vino, quanta allegria nella semplicità e nella coscienza che darsi è bello. Tanto bello che non ci si fa caso se poi il tempo è passato troppo in fretta perché ci sarà domani per rifare festa.
Non finirà la nostra festa perché si è incastrata nell’anima, è diventata carne ed ossa, sangue e sudore e Gesù che l’ha vista la saprà giudicare per il meglio perché quello che ha dato senza risparmiarsi gli sarà reso con gli interessi.
Non ci deve essere tristezza, non ci può essere pianto nella disperazione perché la realtà si affronta da uomini veri, determinati e mai domi.
Così mi ha insegnato ad essere l’amico “Ramerino” e così vorrei essere per fare sempre festa e non si curare del tempo che passa …. Perché ci sarà anche domani per rifare festa.
Ciao Marcello, ci incontreremo presto e …. Quante risate rifaremo assieme.
Con immenso affetto, il tuo amico
Emanuele